Dormire bene fa bene al cuore

Sono innumerevoli gli studi scientifici che indicano nel sonno uno degli elementi fondamentali per salvaguardare la nostra salute e il nostro equilibrio psicofisico. Dormire poco rende esausti, irritabili, depressi e meno lucidi, tutto ciò dimostra chiaramente il collegamento tra sonno e benessere soggettivo.

Meno immediato può sembrare il collegamento tra la salute del nostro cuore ed il sonno, in realtà è proprio così: dormire bene fa bene al cuore.

Spesso l’attenzione si concentra soprattutto su aspetti ben più noti per salvaguardare la salute cardiovascolare. Si parla spesso, ad esempio, di dieta e di attività fisica: lo sport è fondamentale per aumentare i valori di colesterolo buono e diminuire quello cattivo che causa vari problemi cardiovascolari. Lo stesso vale per l’abuso di cibi grassi, fritti e ricchi di zucchero.

 

Però il sonno ha un suo ruolo in questo equilibrio. Come possiamo spiegarlo?

Il ritmo circadiano è regolato nel nostro organismo mediante due orologi principali, uno centrale ed uno periferico: quello centrale si trova nel cervelletto, in una porzione detta ipotalamo, ed è influenzato dai cambiamenti di luce rilevati tramite le nostre retine. L’orologio periferico è invece disseminato in tutti  i sistemi ed apparati e può “segnare” un’ora differente rispetto all’orologio centrale ipotalamico sulla base di alcuni “zeitgebers”  (dal tedesco “che dà il tempo”), come l’apporto di cibo e la temperatura esterna.

Questi “zeitgebers” regolano il ritmo circadiano cellulare di cellule muscolari lisce (che regolano il tono vascolare), cardiomiociti (le cellule che compongono il cuore) ecc., modificando le secrezioni ormonali, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca. Segnali inappropriati in entrambi gli orologi, correlati ad abitudini errate e ad alterazioni del sonno, possono determinare uno squilibrio, un “cambio d’ora”, direttamente in ogni settore del nostro organismo.

Chi fa sport a un buon livello sa che per ottenere buoni risultati bisogna dormire un buon numero di ore. Questo perché durante il sonno il nostro corpo si rigenera, riposa, ripara i muscoli e le cellule; allo stesso modo il sonno è coinvolto nella guarigione e nella riparazione del cuore e dei vasi sanguigni. Questo significa che la carenza di riposo è collegata a un aumento del rischio di malattie cardiache, ipertensione, diabete e ictus.

 

Riposo e salute del cuore, quali sono i problemi del sonno da contrastare?

Quando dormiamo, per effetto dell’attività del sistema nervoso parasimpatico, la nostra pressione sanguigna diminuisce di circa il 10-20% e ugualmente si riduce la frequenza cardiaca: in altri termini il cuore lavora meno, si riposa. Perché questo riposare possa avere effetti benefici sulla salute cardiovascolare, il sonno però deve essere di buona qualità e deve durare un tempo adeguato.

Esiste infatti una stretta connessione tra insonnia, sonno discontinuo e irregolare e problemi cardiaci e se le condizioni persistono si genera un circolo vizioso per cui la cardiopatia stessa può essere la causa di un sonno non ristoratore.

 

La condizione più deleteria è la sleep apnea o apnea notturna.

È stato dimostrato che alcuni disturbi del sonno, possono causare malattie cardiovascolari e che le stesse possono, a loro volta, disturbare il sonno.

L’associazione più nota è quella con la sindrome da apnea ostruttiva del sonno (OSAS) caratterizzata dall’arresto temporaneo dell’attività respiratoria durante il sonno. Le apnee notturne possono essere conseguenza di situazioni patologiche come l’obesità o lo scompenso cardiaco, ma anche essere concausa di ipertensione arteriosa e di eventi ischemici.

Un sonno disturbato da frequenti risvegli, con stanchezza e sonnolenza durante il giorno, o un russamento notturno importante, possono far pensare alla sindrome delle apnee notturne e rendere quindi necessaria una valutazione cardiologica.

I sintomi della sindrome delle apnee ostruttive del sonno sono presenti sia di giorno che di notte e generalmente passa molto tempo prima della diagnosi.

Spesso i pazienti non sono consapevoli dei sintomi o li banalizzano come avviene per il russamento, o la sonnolenza. Spesso inoltre il partner riferisce un sonno agitato o pause del respiro durante la notte.

I sintomi più frequenti sono la sensazione dell’assenza di sonno ristoratore, sonnolenza diurna, cefalea al risveglio, sensazione di bocca secca. Molto frequentemente questi pazienti presentano disturbi della memoria o dell’attenzione, ma di particolare rilevanza sono invece le complicanze sul cuore e sul metabolismo.

Se poi il sonno è disturbato dalla comparsa di una sensazione di cardiopalmo, la visita cardiologica potrà evidenziare la presenza di eventuali aritmie che in alcuni casi sono prevalentemente notturne.

 

Bisogna dormire minimo 7 ore a notte?

Affinchè il sonno sia benefico bisogna dormire minimo 7 ore a notte.

Tra i 18 e i 60 anni abbiamo bisogno di almeno 7 ore di sonno continuo e ci sono diversi studi che confermano il valore, in uno di questi, le persone che dormivano meno di sette ore a notte avevano un rischio elevato di insufficienza cardiaca. Una condizione comune anche nelle persone che avevano altri indicatori di sonno qualitativamente inadeguato come sintomi di insonnia, sonnolenza diurna, sleep apnea, riposo sregolato.

Maggiore è il numero di questi segni di sonno malsano che una persona ha, superiore è la probabilità di sviluppare insufficienza cardiaca. Per questo bisogna intervenire e lavorare sui parametri che consentono di dormire meglio: dieta leggera, buona attività sportiva, eliminando vizi come l’alcool e il fumo, cercando di non adeguarsi a uno stile di vita sedentario e stop all’uso di dispositivi digitali (smartphone, computer, tablet) prima di andare a dormire.

Dall’altro lato alcuni studi hanno riscontrato un aumentato rischio di malattie cardiovascolari in chi dorme molto (più di 9 ore), ma l’associazione diretta non è dimostrata, dato che un prolungato periodo di sonno si associa spesso a problemi di altra natura, come la depressione, la disoccupazione, un basso livello socio-economico e bassa attività fisica, fattori che in passato sono stati già associati ad un aumentato rischio cardiovascolare.

A cura della dott.ssa Maria Grazia Bongiorni e il dott. Federico Fiorentini